Francesco
Derosas
(Scano
Montiferro 18?? - 19??)
Meglio
noto come Zizzu Roseddu, amico di
illustri poeti, come Sebastiano
Moretti di Tresnuraghes, Francesco
Derosas si inserisce nella polemica
contro le Poesias Criticas di A.
D. Migheli del
1874. L’occasione venne data dalla
ristampa nel 1905, nella tipografia
di Bosa, dell’opera del Migheli. E
proprio questa edizione,
realizzata per di più con la
collaborazione di due scanesi (Gerolamo
Piras e Antioco Contini) giunse nelle
mani del nostro poeta che decise
di rispondere al poeta di Osilo. E’ del
1913 la sua opera “Sa
fide cristiana” con la quale si
schiera apertamente contro il
Migheli (fautore di teorie protestanti)
e a favore della chiesa e della
religione cattolica. Si tratta di un
lunghissimo poema, diviso in sette
canti, più un proemio e una conclusione.
Lo stile
appare mediocre, poco curato nella forma
e nel contenuto. Si ignora se
la lunga opera di Franziscu Derosas
abbia o no avuto l’onore della
pubblicazione, certo è che è rimasta
sconosciuta ai più. Eppure, se non
per l'aspetto poetico, è interessante
aver riscoperto queste carte
soprattutto sotto il profilo
storico-sociale. Si ha la prova che la
polemica religiosa avviata da Migheli
ebbe una prolungata e capillare
diffusione anche nei piccoli centri
della Sardegna; si ha la prova che
il clero intervenne indirettamente nella
polemica, suggerendo o
addirittura commissionando i
componimenti poetici come pare per
l’opera
del Derosas.
Il
componimento del poeta scanese, così
come ritrovato, è scritto su mezze
pagine di foglio protocollo, tagliate
per il lato lungo, contenenti tre
ottave per pagina. Interamente ricopiato
a mano, chiaramente da diverse
persone, presenta le intestazioni dei
canti con caratteri
particolarmente curati e abbelliti di
varie ricamature.
Non è chiaro quale fosse il titolo
dell'intera opera; un foglio,
all'inizio del primo canto, reca la
seguente dicitura: Sa
Fide Cristiana o siant Salutares
Avvertimentos a su Peccadore in ottava
rima - De su Poeta Sardu Franziscu
Rosa Marras de Scano Montiferro -
Volume 1.
Tuttavia, anche il primo canto, che
inizia alla pagina successiva,
riporta un titolo simile: Salutares
Avvertimentos a su
Peccadore. Cosicchè è lecito
dubitare che quello
precedentemente indicato sia il titolo
dell'opera complessiva.
Oltre al primo, del quale restano 57
ottave ed è visibilmente
incompleto, abbiamo ritrovato altri
cinque canti dei sette che
componevano l'intera opera; il secondo,
intitolato Avvertenzias
a sos chi non crent in sa Religione
Cristiana de sa Santa Fide Cattolica,
composto di 184 ottave e recante alla
fine una data, Scano Montiferro
26 agosto 1913, e l'indicazione L'Autore
- Rosas Francesco; il terzo,
intitolato Avvertenzia a s'incredulu
chi non cret in Deus,
composto di 100 ottave; il quarto,
intitolato Avvertenzia a
su Cristianu malignu o siat
delinquente omicida, composto di
215 ottave e incompleto; il quinto,
intitolato Memoria de su
Giubileu de s'annu 1901, composto
di 44 ottave e incompleto;
il settimo, intitolato Sas penas de
su Purgatoriu,
composto di 194 ottave e forse anch'esso
incompleto.
Manca il sesto canto, ma probabilmente è
identificabile in un altro
fascicolo di 120 ottave, delle quali
sono andate perse forse una
cinquantina, che ha ad argomento la
confessione.
Concludono il manoscritto: una
invocazione iniziale, composta di 19
ottave e intitolata Invocazione.
Faghet su poeta s'esordiu de
su cantigu implorande s'azudu de Deus;
una sorta di
introduzione agli argomenti che verranno
sviluppati in seguito,
composta di 13 ottave e mancante delle
prime due e del titolo, recante
alla fine la firma Rosa Marras
Francesco; una conclusione, intitolata
appunto Conclusione de sos cantigos,
di 5 ottave,
ma certamente incompleta.
Nel complesso, abbiamo 951 ottave, cui
sono da aggiungere quelle andate
perse, che, a mio avviso, tra un canto e
l'altro, ammontano almeno ad
un centinaio. Questi numeri danno la
proporzione del lavoro del poeta
scanese e di quelle che dovevano essere
le sue ambizioni.
Un'ulteriore osservazione si deve fare
sulle firme dell'autore, che si
ritrovano quà e là nel manoscritto; a
volte il nome è Franziscu
Derosas, a volte Francesco Rosas, a
volte Francesco Rosa Marras. La
mancanza di univocità forse si spiega
con le diverse mani che
ricopiarono i versi. D'altra parte,
nell'ambiente paesano le varianti
del nome dovevano essere diffuse: ancora
oggi, per es., il cognome Rosa
viene modificato da alcuni in De Rosas o
in Rosas. L'aggiunta del
cognome materno, Marras, doveva servire,
inoltre, a identificare con
precisione il poeta, risolvendo i casi
di indubbia omonimia che
esistevano in paese.
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