Bachisio
Michele
Carboni
(Sedilo
1823 - 1910)
Sacerdote.
Nacque a Sedilo nel
1823 e fu parroco di Soddì e Zuri dal
1862 al 1910, anno della sua
morte. Autore della Novena di Santu
Costantino Magnu Imperadore e dei Gosos
di
S. Costantino oggi
cantati dal popolo nei giorni della
festa e della novena
che ogni anno
si recita nel
santuario di Sedilo dal 22 al 31 agosto.
Per questi suoi due lavori
ottenne l'approvazione ecclesiastica da
Eugenio Canu, vescovo di Bosa
dal 1873 al giorno 11 febbraio 1905.
I
Gosos
de Santu Costantinu Magnu Imperadore
sono conformi nella
lingua e nella struttura allo schema
classico dei gosos logudoresi: la
quartina iniziale di ottonari divisa in
due distici, è seguita da 25
sestine di ottonari, e ciascuna di
queste è legata alla successiva dal
secondo distico della quartina iniziale
che viene cantato dal popolo a
modo di ritornello. La quartina si
ripete poi intera al termine delle
strofe.
Anche la
lingua è quella logudorese, ma con
alcuni vocaboli e forme verbali
della parlata sedilese.
I dati
biografici del Santo sono scarsissimi.
Tra i personaggi della sua vita
vengono nominati soltanto, e per una
sola volta, la madre Elena e
l'avversario Massenzio. L'autore, che
aveva già ampiamente illustrato
la vita del Santo nella Novena, non
volle ripetersi e rivolse il suo
interesse a scrivere un inno su due soli
temi: la libertà della Chiesa
e la gloria della Santa Croce.
La laude
è preceduta da una quartina introduttiva
che raffigura il Santo
glorioso in cielo e termina con
l'invocazione: Siate nostro avvocato
presso Dio.
Le prime
tre strofe si sviluppano parlando della
nobiltà delle sue origine, che
consiste nell'essere egli nato da una
santa, Elena, e ricordano: «Dio
stesso vi ha reso potente per far
conoscere al mondo la Croce e dare
gloria al Redentore».
Quindi
viene trattato il tema della libertà
religiosa concessa da Costantino
alla comunità cristiana: «Dio vi ha
posto a difesa della Chiesa quando
la persecuzione era più cruda e la spada
pagana penetrava più acuta
nelle vene cristiane. Il tiranno voleva
distruggere la Chiesa, ma voi
avete difeso la fede ancora prima di
essere cristiano. Che cosa farete
per essa una volta diventato cristiano?
Armato dal
Cielo di santo zelo, avete lottato
contro le forze infernali, avete
concesso la libertà ai cristiani, avete
spento l'incendio causato
dall'eresia ariana e avete costruito
numerose chiese in onore di Dio,
su Monarca Maggiore. Il silenzio non
cadrà mai su tali meriti
straordinari e giustamente la terra vi
invoca, o Costantino, come
Santo, perché con le vostre opere avete
meritato di sedere in Cielo con
Cristo Redentore».
Il tema
della Santa Croce viene trattato dalla
strofa 14° alla 21° e si
sviluppa sempre col discorso diretto al
plurale. «Gesù ha redento il
mondo con la croce e alla croce, un
tempo strumento di morte, voi,
Costantino avete dato "supremo onore".
Della croce siete diventato il
secondo restauratore e l'avete scelta
come stendardo imperiale: per
grazia celeste essa è stata posta nelle
vostre mani. A nessun altro
prima era stata concessa come scettro,
mentre a voi, Costantino, è
stata data con le parole: Con questo
segnò vincerai.
La croce vi
ha dato vittoria su Massenzio e ora la
tenete in mano come simbolo di
gloria. Un tempo causa di terrore, la
croce è oggi posta sulla vostra
corona imperiale e sugli stendardi di
ogni nazione. Per volontà divina,
entrambi avete avuto gloria: Costantino
dalla Croce e la Croce da
Costantino, e per aver seguito la sua
via, o Costantino, oggi siete
santo in Cielo. Il vostro zelo ha
innalzato la Croce sulla terra e la
Croce è diventata per voi scala fino al
cielo: il vostro corpo mortale
si è trasformato in splendore passando
dalla corte imperiale a quella
celeste. Avete onorato la croce ed essa
ha mutato il vostro destino,
trasferendovi dall'impero terreno alla
corte celeste. Felice la morte
che apre le porte della vita eterna!».
Le
ultime quattro sestine sono
un'invocazione al Santo: «dal vostro
seggio
in Cielo voi, o Costantino, vedete le
tante nostre necessità e angustie
e siete difesa da ogni male. Poiché Dio
vi ha accolto tra i santi e vi
onora col concedervi tante grazie in
questo celebre tempio, il vostro
popolo devoto vi invoca con grande
fervore. Dal cielo volgete lo
sguardo ai numerosi devoti che,
facendovi promesse e voti, vi chiedono
di essere esauditi. Concedeteci che nel
giudizio finale non ci colpisca
l'ira divina. Voi siete il nostro
protettore in questo mondo di orrori,
e perciò vi domandiamo la grazia che il
Redentore ci conceda il riposo
eterno».
I gosos
terminano con l'invocazione della buona
morte, che viene ripetuta per
ben due volte di seguito. Essendo questa
l'unica grazia che viene
richiesta in modo esplicito, possiamo
cogliere il fine didattico
complessivo che si era prefisso
l'autore. Egli voleva educare i devoti
del Santo a valutare come necessaria e
preminente la salvezza
spirituale che Cristo ci ha meritato con
la sua Croce. Dalla croce
Costantino ha ottenuto la gloria del
Cielo, da Cristo redentore ogni
fedele otterrà misericordia nel giudizio
finale e la pace eterna.
(Mons. Antonio
Francesco Spada)
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